Missionarietà fa rima con… Deducibilità

Missionarietà fa rima con… Deducibilità

20 giugno 2020
Don Massimo Rizzi
Don Mario Eugenio Carminati
Fotografie di Michele Ferrari

Articolo

Una rima insolita, quella di questa settimana… missionarietà e deducibilità… che ci azzeccano l’una con l’altra? Sempre che sia poi così chiaro il concetto di deducibilità, visto che è un termine che certo non usiamo tutti i giorni e, anzi, la maggior parte di noi proprio non lo usa.

In tempi di dichiarazione dei redditi, molte associazioni e realtà si attivano per una campagna di raccolta fondi attraverso il cosiddetto 5 per mille.

Anche come CMD abbiamo fatto questa scelta, in collaborazione con gli amici dell’associazione WebSolidale Onlus, relazione storicamente comprovata in modo particolare in occasione della campagna di Natale, ma non solo.

Ci è parso giusto dunque prendere in considerazione anche questa dimensione, perché parlare di missione coinvolge anche il mondo dell’economia e della finanza, in questi giorni così fortemente messa alla prova da una cosiddetta ripresa che oltre ad essere presa una seconda volta andrebbe anche pensata, più e più volte, per fare appunto tesoro dell’esperienza vissuta.

Nei giorni scorsi mi è capitato di leggere un articolo di padre Alex Zanotelli, notoriamente critico nei confronti dei sistemi economico/finanziari/politico/militari su cui si basa la società odierna: parole forti, quelle di p. Alex, che ho condiviso, nelle modalità che i social mettono a disposizione; parole forti che ci chiedono, come missionari di metterci in questione anche sul piano dei soldi.

Abbiamo chiesto a chi è chiamato a fare questo per “vocazione”: don Mario Eugenio Carminati, Vicario del Vescovo per tutte queste dimensioni. Ascoltando le sue parole potremo accorgerci di come la missione non è incarnata e non è fedele al mandato di Gesù se non ha il coraggio di sporcarsi le mani anche con il vil denaro.

Buona lettura e un grazie a don Mario per la sua disponibilità.

Credo che tutti noi abbiamo sperimentato come compito a scuola quello del comporre poesie e del dover ricercare la parola per arrivare alla rima baciata.

Le nostre prime composizioni poetiche avranno forse avuto il pregio di arrivare a far baciare la rima e ottenuto forse l’assonanza, ma non di certo quello di raggiungere la gradevolezza della poesia.

Nell’affiancare missionarietà e deducibilità avverto la stessa sensazione; mi sembra di offrire il piacere che può avere lo stridere del gesso sulla lavagna.

Riconosco che però può essere utile ricondurre il tema della “donazione a sostegno delle opere missionarie” a quella concretezza che, nonostante il fastidio, dice una dimensione di “incarnazione”.
Il bene non può essere detto e proclamato come intenzione, ma deve poi trovare quella concretezza che, conservandone pur la poesia, attesta anche con le opere la fattibilità del bene affermato.
Una mamma non può limitarsi a dire che vuol bene a suo figlio senza poi darsi da fare per nutrirlo, accudirlo e compiere una serie di opere che rendono vero e fattivo l’amore.

Così è nella logica di chi, sensibile al tema delle missioni, vuol sostenere l’opera dell’evangelizzazione coniugandola con la promozione umana.
Mi commuove pensare a quanto nella nostra storia passata o recente, la nostra terra e in essa la Chiesa di Bergamo, abbia tenuto vivo nella concretezza la dimensione della missionarietà con un forte sostegno fatto dalla generosità di tanti.
Impressiona come tanti abbiano interpretato il loro appoggio alla missione promuovendo raccolte, inventando iniziative per sollecitare generosità.
Molta di questa attività di sostegno ha il volto di donne generose e giovani dinamici che si muovevano, non in forza di una necessità impellente provocata da qualche catastrofe (dove altrettanto siamo stati capaci di presenza solidale), ma da quella necessità di sempre che sostiene chi ha fatto della sua vita servizio ai fratelli, con l’unico desiderio che questi incontri il Signore Gesù.

Questo generoso impegno ha, in un certo senso, anche illuminato il nostro popolo e pur essendo l’attività missionaria una prerogativa ecclesiale, ha concesso anche allo Stato di riconoscerlo come un bene collettivo. Il tema della deducibilità delle offerte entra proprio in questa logica.
Lo stato concede che l’attenzione a popoli e nazioni provate da povertà endemica sia sorretta dall’impegno dei nostri missionari e che la forma dello sgravio fiscale, sia considerata come apporto ad un bene comune. La logica dello stato non è quella del favoritismo ad una istituzione, ma quello di indurre al pensiero che l’attenzione a chi soffre è indice di alto grado di civiltà.
Un mondo solidale è un mondo degno di essere avvertito come una “buona casa comune” da abitare.

Quanto di questa intuizione ne sentiamo ancora l’urgenza! Anche noi abbiamo fruito, nel contesto della pandemia, di aver bisogno del soccorso di tanti.
Questa scuola di umiltà è preludio alla comprensione di una buona umanità. Non si è generosi solo perché si riconosce di aver più possibilità di altri, ma lo si diventa perché si ha cuore grande e sensibile. L’attenzione missionaria in questo educa i cuori. Sin da piccolo potrei dire di essermi nutrito di tanti esempi di attenzione agli altri, tradotti nella capacità di condividere il poco a disposizione fino ad arrivare a gesti di chi con magnanimità dava tanto, e sin da allora ho sempre cercato di vedere come punto di incontro il cuore di chi dona.
Non è la grandezza del dono a misurare il cuore, ma è la capacità di accorgersi del bisogno e la voglia di essere nella storia segno di “prossimità” che profuma di vangelo.

Il nostro centro missionario diocesano è ben attrezzato non solo a indurre pensieri di prossimità, ma anche a darci linee guida per ottenere quella deducibilità dell’offerta che non contraddice il dono, ma che rende consapevoli che questo dono lo si condivide anche con altri.
È nell’ottica del dono partecipato che questa agevolazione è da intendersi, non certo da un benché minima speculazione anche sul dono. Non si cerca un vantaggio personale, ma si riconosce che il dono crea sensibilità e allarga gli spazi per una costruzione di un mondo solidale.

Per tornare alle battute di partenza, mi auguro che la rima baciata del titolo abbia da queste povere parole ridotto lo stato di fastidio e abbia stimolato a guardare anche dentro il senso che vogliamo perseguire quando dal dono passiamo anche al tema della sua detrazione fiscale. Resterebbe tanto da dire sul tema e non certo soltanto sotto il profilo del come ottenere detrazione e deducibilità, ma qui non vogliamo essere commercialisti in erba, ma uomini e donne che sanno di poterlo essere se fanno cordata e non lasciano chi ha bisogno senza un cuore attento che lo aiuti.

Don Mario Eugenio Carminati e don Massimo Rizzi