Missionarietà fa rima con… Essenzialità.

Missionarietà fa rima con… Essenzialità

17 maggio 2020 – Don Massimo Rizzi
Fotografie di Michele Ferrari

Articolo

Son tempi strani, quelli che stiamo vivendo, “mai mi sarei immaginato” ricorre nelle parole ma ancora di più nel pensiero di molti. È vero penso che nessuno, neanche nelle peggiori delle scenografie si sarebbe immaginato quanto abbiamo, anzi stiamo ancora, vivendo, in questi giorni.

Lockdown, quarantena, curva epidemiologica, termini questi a cui ci siamo abituati in più di due mesi in cui il virus ha imperversato nelle nostre comunità, nelle nostre case (lo dico in prima persona, perché pur non avendolo vissuto sulla mia pelle, ho avuto in comunità ben due decessi e molti ammalati) nei nostri territori.

E per di più non sappiamo come ne verremo fuori… non sappiamo come vivere questa fase due (chi apre cosa?) , non sappiamo quando e se si passerà a una fase 3 ( e il 4 vien da sé, ci verrebbe da dire, anche se ormai tutte le regole sono sovvertire in questi tempi di pandemia).

Mentre scrivo ci stiamo sperimentando in questa fase due per le comunità parrocchiali, fase impegnativa perché chiede di ingaggiarsi con le prime prove di celebrazione in convivenza con il virus… neanche i meglio tradizionalisti si sarebbero immaginati l’occasione propizia per poter rimettere le chiroteche (per chi non sapesse i guanti da celebrazione)… anche se qui ci sono guanti in lattice, e anche i più indifferenti alla presenza eucaristica non possono non preoccuparsi di frammenti eucaristici, visto che nessuno è mai stato abituato a distribuire l’eucarestia con i guanti.

Cortile interno di una casa nella cittadina di Agnibilékrou – Costa D’Avorio

Ma al di là di questioni sanitarie e di distanziamento sociale di cui tutti siamo diventati esperti (anche se adesso ci stiamo espertizzando su conversioni all’islam e geopolitica del corno d’Africa, ma di questo parleremo al prossimo giro…), tutti ci sentiamo deprivati di molte cose, in primis non tanto della libertà del muoverci o dell’andare dove vogliamo, quanto piuttosto della libertà dell’incontro, della relazione: ad essa abbiamo provato a sopperire con surrogati mediatici, accorgendoci tuttavia che neppure avevano la dignità di poter essere classificati come surrogati, proprio perché sono alta cosa… È una limitazione a cui tutti siamo stati esposti e che è diventata una ferita nella nostra mente, nel nostro cuore e nella nostra carne (ci hanno pure impedito quel sintetico gesto dello scambio della pace, vissuto tanto formalmente forse per molto tempo, ma di cui ora ne sentiamo l’estremo bisogno… e per fortuna!).

Limitazione tanto dura quanto profetica e foriera di vita: proprio così, come ci diceva la sapienza dei nostri padri, “è proprio quando una cosa ti manca che ti accorgi della sua importanza…”

Che cosa ci è mancato in questi giorni? Di che cosa abbiamo avvertito la mancanza? Di che cosa abbiamo sentito il bisogno, di cosa non abbiamo potuto fare a meno? Di che cosa siamo stati obbligati a fare a meno, ma abbiamo avvertito cuore e mente, carne e spirito, che non eravamo più noi? Proprio così fino ad incidere sulla nostra identità?

Missionarietà fa rima con essenzialità…

In tempi di guerra molte erano le limitazioni. Non sappiamo se sia corretto, e rispettoso parlare di questi tempi paragonandoli ai tempi di guerra… certa è una cosa: quest’esperienza ci ha ripotato all’essenziale…, a farne l’esperienza e ad invitarci a riscoprire ciò che è realmente essenziale, ovvero inerente all’essenza del nostro vivere…

Tanti giovani che hanno fatto in questi anni l’esperienza di missione, ritornano dicendo che lì hanno riscoperto alcuni valori, che hanno riscoperto dimensioni importanti della propria vita, che sono stati aiutati a discernere ciò che conta e ciò che invece è solo un suppellettile, non proprio cammino. Forse è proprio questo che la missione ci insegna, oggi più che mai, ed è per questo che abbiamo bisogno di non dimenticarci della missione, perché ci aiuterà a ripensare il nostro stile di vita, il nostro modo di relazionarci con le persone e con le cose, il nostro modo vivere la fede e di testimoniarla.

Ci auguriamo di poter non disperdere l’esperienza vissuta in questi giorni, nel riprendere le nostre attività, nel tornare ai ritmi precedenti, e soprattutto speriamo che, anche a partire dall’esperienza missionaria, qualcuno ci aiuti a rileggere questo tempo come una chiamata di Dio a cambiare i nostri stili di vita, improntandoli con coraggio a maggiore essenzialità.

don Massimo Rizzi
direttore del Centro Missionario Diocesano – Bergamo

Campesina con il figlio – altipiano di El Alto – Bolivia

Missione di Agibilékrou
Costa D’Avorio

Un murale nella missione di San Antonio
Cuba

Interno  chiesa di un villaggio
Parrocchia Capinota – Bolivia