Missionarietà… fa rima con maranathà

Missionarietà… fa rima con maranathà

2 dicembre 2020
Don Massimo Rizzi

Articolo

Vieni Signore Gesù.

Con questa preghiera la comunità cristiana di rito latino ha iniziato l’avvento (le comunità di altro rito iniziano l’avvento in tempi diversi).

Un avvento diverso per un Natale diverso. Da più parti, dalla politica ai mass media, ci si continua a ripetere che sarà un Natale diverso, e non solo per il dibattito, che ha del banale e rasenta lo stucchevole sull’orario della nascita di Gesù (con toni talvolta persino irrispettosi nei confronti non solo della comunità cristiana); un Natale più sobrio, con meno convitati al cenone, senza la possibilità di raduni di massa, senza la rincorsa ai regali (non che non si vogliano fare ma, sarà la limitazione di accesso ai negozi, sarà la minor disponibilità economica…)…

Se si tratterà di un natale diverso (beh, a dire il vero la cosa sarebbe auspicabile, visto che abbiamo trasformato anche il Natale in un susseguirsi di impegni e di appuntamenti, dimenticando talvolta il senso) forse dipenderà anche da come avremo vissuto questo tempo di attesa, di preparazione, l’avvento appunto.

Un tempo diverso, come la liturgia ci suggerisce, un tempo di attesa: che in questi mesi stiamo vivendo nel desiderio di uscire quanto prima dalla pandemia che ha cambiato tutte le nostre speranze e prospettive.

Un tempo che, per quanti come noi si dicono vicini alla missione e alle missioni, può realmente essere caratterizzato dalla semplicità che caratterizza la vita dei nostri missionari, le società in cui operano, le comunità cristiane che servono. Una semplicità che ci suggestiona sempre in occasione dei viaggi missionari, delle testimonianze che ci portano. Semplicità che è anche sobrietà nell’uso dei beni, per far nostra le lezione della pandemia globalizzata, che non possiamo non aver colto. Ovvero l’insegnamento ad una cura nei confronti del creato e della sostenibilità del nostro vivere e dei nostri progetti: solo questa ci potrà preservare da eventi impensabili fino a qualche anno fa. Ma anche una sobrietà nelle nostre attività: la pausa dai mille impegni e dai mille appuntamenti forse ci ha suggerito che non è riempiendo la totalità delle nostre giornate con incombenze e commissioni che diamo senso al nostro esistere.

Un tempo segnato anche dalla spiritualità: il richiamo alla preghiera che papa Francesco in questa prima domenica di avvento ha rivolto a tutti i credenti, dando voce alla tradizione della Chiesa che ha da sempre caratterizzato l’attesa del Natale con il segno della veglia orante.

Un tempo che apra il nostro cuore alla speranza, coltivando la ‘memoria del futuro’, risorsa indispensabile per affrontare creativamente le preoccupazioni che ci affliggono, come afferma Mauro Magatti.

Usciremo da questa pandemia: ne usciremo certamente non solo grazie al vaccino, ma anche grazie al come saremo stati in grado di vivere questo tempo, nella disponibilità ad accogliere l’annuncio di Natale.

Buon cammino di avvento

don massimo rizzi