Missionarietà fa rima con… Creaturalità
31 agosto 2020
Don Massimo Rizzi
Don Cristiano Re
Articolo
Ancora una rima? Beh, a dire il vero ce ne sono ancora molte in previsione…
Al di la delle rime, che possono piacere o no, penso che potremo trovare ancora molte tematiche che stimolano la riflessione dei nostri gruppi missionari.
In questi primi mesi dell’anno, con la celebrazione delle varie giornate mondiali (la giornata mondiale per eccellenza, ovvero quella missionaria; ma poi c’è anche quella del creato, dei migranti, della povertà…) vorrei lasciare spazio alle tematiche suggerite da queste occasioni (la situazione è occasione, diceva qualcuno…) per aiutarci a interrogare il nostro essere missionari oggi a Bergamo e nel mondo
Iniziamo per questo con l’aiuto di don Cristiano Re, direttore dell’ufficio per la pastorale del lavoro, che nelle sue proprie attenzioni ha anche quella della salvaguardia del creato. La prima giornata infatti che incontriamo nel calendario, quando ancora non sono riprese le attività pastorali (quest’anno poi, in modo ancor più significativo) è la giornata per la custodia del Creato.
La collaborazione che si è già data con l’ufficio per la pastorale del lavoro negli scorsi mesi, in particolare nella sensibilizzazione sul sinodo amazzonico, e su tutto ciò che ne è venuto di conseguenza, ci suggerisce che sia questo un filone da non dimenticare…
Quanto i nostri missionari ci hanno riportato rispetto alla situazione della gestione dell’emergenza COVID (ricordo in particolare le parole taglienti di Don Maurizio, dal Brasile, o piuttosto i proclami accorati ma al tempo stesso lucidi e definiti di Mons. Scarpellini e mons. Coter), la parabola di vita di Mons. Casaldiaga, morto nei giorni scorsi, sono per noi un monito e un invito a cogliere questa occasione per continuare a ricordarci che non potremo essere fedeli al vangelo senza essere fedeli alla terra.
Dunque missionarietà farà sempre rima con creaturalità, ma anche con sobrietà e pietà.
Vivere con sobrietà, con giustizia e con pietà.
Anche la riflessione provocata dalla 15ª Giornata per la custodia del Creato parte della difficile realtà della pandemia che ci lascia smarriti e continua a porci grossi interrogativi.
Il nostro “orgoglio tecnologico” assieme al nostro modo di vivere “distratto” riguardo a ciò che è essenziale, inteso come “ciò di cui non possiamo stare senza” per provare a vivere in modo pieno, forse ha lasciato spazio alle grandi domande sulla nostra vita.
I volti degli ammalati e dei morti ci hanno fatto riflettere sul nostro volto e sulla sua fragilità e chissà, forse anche sul volto della terra, anch’essa profondamente malata.
Come ci siamo detti più volte, nella sua drammaticità questo tempo ci ha fatto scoprire di essere tutti connessi, accomunati da una sofferenza, dall’incertezza, da un destino comune e certamente anche da un sogno di bene che davvero può essere la vera prospettiva unificante che non rende vane le parole “ne usciremo tutti insieme”.
Proprio il rallentamento forzato che siamo stati costretti a vivere, è un’occasione per sterzare con decisione verso quei comportamenti personali e collettivi più rispettosi della terra e degli altri che ci suggerisce il messaggio dei Vescovi “Vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà. Per nuovi stili di vita.”
Si tratta di valutare con attenzione non cosa ci piace o meno del mondo in cui viviamo, ma soprattutto cosa è più giusto. Quello che sembrava immutabile perché parte di un sistema che non poteva essere scalfito, ora ci appare diverso.
Ci accorgiamo che non è tollerabile che ci sia tanta disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza e quindi dei diritti, compreso il diritto alla salute.
Non possiamo restare indifferenti vedendo che i più colpiti, anche mortalmente, dalla malattia siano i più fragili, che in alcune parti del mondo corrispondono ai più poveri. A partire da qui l’ecologia integrale proposta da Papa Francesco si fa più vicina, rendendosi un’alternativa concreta.
Ci troviamo di fronte ad un bivio: da una parte il tentativo di far ripartire il sistema economico nel modo più veloce possibile, senza badare “al come”, con il pericolo di lasciare molti per strada; dall’altro pensare che lo stop forzato possa essere un’occasione per rivedere i modi di produrre, le regole sul lavoro, il sistema di istruzione e di formazione con l’obiettivo di uno sviluppo umano integrale per tutte le donne e gli uomini e in relazione con la terra che ci ospita.
In questi mesi, abbiamo compreso che un’azione efficace esige competenza e coordinamento nelle istituzioni pubbliche, così come un forte orientamento al bene comune. Comprendere che la crisi socio-ambientale disegna emergenze non meno gravi può aiutare la crescita di un’analoga assunzione di responsabilità da parte di soggetti individuali ed istituzioni anche per la cura della casa comune.
Nella logica della sussidiarietà, anche se non sarà possibile confermare tutte le proposte degli scorsi anni per il mese del creato, ugualmente sarà possibile trovare molte proposte di animazione ed impegno concreto sul sito della diocesi, Ufficio Pastorale Sociale e del Lavoro.
Don Massimo Rizzi e Don Cristiano Re